
Negli ultimi anni, farmaci come Ozempic e Mounjaro, appartenenti al gruppo degli agonisti del recettore GLP-1 (o più in generale “GLP-1 RAs”), sono diventati protagonisti sia nella cura del diabete di tipo 2 che nel trattamento dell’obesità o del sovrappeso, con implicazioni biologiche, metaboliche e anche psicologiche. Di pari passo cresce l’interesse su come l’uso di questi farmaci interagisca con il piano mentale, emotivo e comportamentale del paziente: motivazione, relazione con il cibo, immagine corporea, autoefficacia, ansia, depressione, identità.
In questo contesto, la psicoterapia può avere un ruolo complementare importante: non solo come supporto agli effetti psicologici dell’intervento farmacologico, ma anche come ponte verso un cambiamento di stile di vita e di rapporto con il corpo e il cibo.
Cosa sappiamo sugli aspetti psicologici e sul farmaco
I farmaci in questione agiscono, tra le altre cose, rallentando lo svuotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà, riducendo l’appetito e influenzando la regolazione del glucosio e del peso.
Tali modifiche biologiche e metaboliche non sono “solo” fisiche: cambiano la relazione del paziente con il cibo, con il corpo, con la fame, la sazietà e, in molti casi, con la propria immagine corporea o autostima.
Ad esempio, alcuni studi sottolineano che chi presenta “eating behaviour” fortemente guidati da motivazioni emotive (piuttosto che da fame o preferenze sensoriali) può rispondere meno favorevolmente ai GLP-1 RAs.
Evidenze sugli effetti psicologici
Alcune ricerche indicano che:
- Riguardo depressione e ideazione suicidaria, i dati sono misti. Un’analisi post-hoc ha rilevato che l’uso di semaglutide non era associato ad un aumento clinicamente significativo della depressione o dell’ideazione suicidaria rispetto al placebo.
- Tuttavia, altri studi segnalano un’associazione tra uso di GLP-1 RAs e alcune alterazioni psichiatriche: ansia sociale, alterazioni dell’umore, disturbi del comportamento alimentare (come binge eating, paura del cibo, vomito autoindotto).
- Una ricerca condotta su 370 soggetti in Arabia Saudita che assumevano Ozempic, Mounjaro o Saxenda ha rilevato che circa il 9,8% degli utilizzatori di Ozempic riportava “depressione grave”.
- Un contributo da un blog di terapia (“Beyond the Bathroom Scale”) evidenzia come la perdita di peso e il cambiamento corporeo indotti dal farmaco possano comportare reazioni emotive complesse: libertà dal “rumore del cibo” (pensieri costanti su cosa e quando mangiare), ma anche ansia sociale per l’attenzione esterna, disconnessione da abitudini passate e necessità di ristrutturare la relazione con corpo e cibo.
Tali evidenze suggeriscono che l’intervento psicoterapeutico non è solo opzionale, ma può essere strategico nel contesto dell’uso di farmaci come Ozempic e Mounjaro. Alcuni temi emergenti:
- Il paziente può dover elaborare l’identità corporea in cambiamento.
- Possono emergere ansie sociali correlate al cambiamento corporeo (per esempio maggiore attenzione esterna o complimenti inattesi).
- Il rapporto con il cibo può mutare: la fame si riduce, il “rumore del cibo” cala, ma le motivazioni emotive al mangiare possono persistere.
- Il farmaco non elimina automaticamente i fattori psicologici, comportamentali o ambientali che contribuiscono al sovrappeso.
- Gli studi suggeriscono un approccio personalizzato, valutando il comportamento alimentare prima dell’avvio del farmaco.
Proposte di intervento psicoterapeutico
1) Valutazione iniziale integrata
All’avvio, o poco prima dell’avvio del farmaco, è utile svolgere una valutazione che includa:
- Storia del rapporto col peso, con il corpo, col cibo.
- Presenza di comportamenti alimentari emotivi, binge eating, restrizioni, senso di colpa.
- Immagine corporea e autoefficacia.
- Stato psichico generale: ansia, depressione, disturbi dell’umore.
- Motivazioni e aspettative rispetto al farmaco: “Perché lo faccio?”, “Cosa mi aspetto?”, “Cosa sarà diverso?”.
- Rete sociale, ambiente, supporto: come il cambiamento potrebbe essere vissuto dal contesto, dalla famiglia, dagli amici.
2) Psicoterapia parallelamente al farmaco (non “dopo”)
Poiché l’effetto farmacologico si sviluppa nel tempo, la psicoterapia dovrebbe essere avviata parallelamente, non solo a posteriori. Le aree di lavoro possono essere:
- Lavorare su convinzioni e distorsioni cognitive legate al cibo, al peso, all’immagine corporea, all’autostima.
- Sostenere l’adattamento emotivo al cambiamento corporeo: ad esempio affrontare l’ansia sociale, l’attenzione esterna, la paura del “cosa penseranno gli altri”.
- Esplorare le nuove sensazioni corporee (minore fame, sensazione di sazietà, cambiamenti fisici) e integrare la nuova “esperienza corporea” in modo coerente con l’identità personale.
- Affrontare i meccanismi di coping precedenti al medicinale (ad esempio mangiare per noia o stress) e sviluppare nuove strategie più funzionali.
- Monitorare e intervenire su eventuali sintomi dell’umore: sebbene non ci sia certezza che questi farmaci causino depressione, esistono segnali che richiedono vigilanza.
3) Focus sul cambiamento sostenibile dello stile di vita
Il farmaco può “aprire una finestra di opportunità” (ridurre l’appetito, facilitare la perdita di peso, migliorare il metabolismo) ma il mantenimento e l’integrazione del cambiamento richiedono un lavoro psicoterapeutico che vada oltre la sola perdita di peso e guardi a:
- Quali abitudini alimentari o di attività fisica il paziente desidera instaurare.
- Quali ostacoli psicologici o ambientali possono emergere.
- Come sostenere la persona nell’autogestione a lungo termine (non solo “passiva” al farmaco).
- Come prevenire ricadute o l’uso del cibo come risposta a emozioni difficili anche con la “finestra” farmacologica aperta.
4) Monitoraggio e adattamento
Poiché la letteratura segnala che:
- Alcuni soggetti con “eating emotivo” rispondono meno bene ai farmaci GLP-1.
- Esistono segnalazioni, sebbene non conclusive, di disturbi psichiatrici o alimentari emergenti.
Si consiglia una vigilanza attiva:
- Incontri regolari di psicoterapia per verificare come il paziente vive il cambiamento corporeale e alimentare.
- Chiedere e monitorare sintomi come ansia sociale, isolamento, modificazioni dell’umore, cambiamenti nelle abitudini di sonno, pensieri su sé/cibo/corpo.
- Modulare l’intervento terapeutico (frequenza, focus) secondo la fase del percorso: introduzione del farmaco, perdita di peso attiva, fase di mantenimento.
5) Integrazione multidisciplinare
È essenziale che psicoterapeuta, medico (endocrinologo, diabetologo,) e, se presente, dietista o nutrizionista lavorino in sinergia. Un approccio integrato consente di:
- Tenere d’occhio gli aspetti medici (dosaggio, effetti collaterali, indicazioni) e psicologici insieme.
- Evitare che il paziente si “senta solo” nella gestione del cambiamento.
- Discutere insieme eventuali segnali di allarme (es. alterazioni dell’umore, comportamenti alimentari disfunzionali) e attivare interventi tempestivi.
Possibili criticità e aspetti etici
Esistono inoltre alcune criticità e questioni etiche che è importante considerare durante il trattamento:
- Attese irrealistiche: alcuni pazienti possono pensare che “con il farmaco risolvo tutto”, trascurando gli aspetti psicologici, comportamentali e ambientali. Il terapeuta ha il compito di riportare le aspettative su un piano realistico: il farmaco è uno strumento, non una soluzione unica.
- Identità corporea in cambiamento: la perdita di peso può generare interrogativi profondi (“Chi sono ora?”, “Come cambia la mia identità con un corpo diverso?”). Possono emergere disorientamento, paura di perdita di sé, senso di vulnerabilità. È un tema delicato che richiede attenzione clinica e un accompagnamento graduale.
- Stigma e pressione sociale: perdere peso può attirare ammirazione ma anche pressioni, aspettative, commenti non richiesti. Alcuni pazienti possono sentirsi “sotto i riflettori” oppure valutati in base al cambiamento corporeo. Questo può generare ansia sociale, stress e conflitti interiori.
- Disturbi alimentari latenti o preesistenti: se esistono condizioni pregresse come binge eating, restrizione severa, comportamenti compensatori o forte mangiare emotivo, è necessario che il terapeuta li identifichi precocemente. In alcuni casi è indicato un percorso specialistico per disturbi alimentari prima, durante o parallelamente al trattamento con GLP-1 RAs.
- Effetti collaterali psicologici potenziali: sebbene non ci siano prove definitive, alcuni studi hanno riportato possibili alterazioni dell’umore, ansia sociale o altri sintomi psichiatrici in una minoranza di utenti. Il paziente dovrebbe essere informato e deve esserci un piano condiviso di monitoraggio e gestione.
- Sostenibilità del cambiamento: la perdita di peso indotta farmacologicamente richiede manutenzione psicologica e comportamentale a lungo termine. Senza un lavoro profondo sul rapporto con il cibo, sulle emozioni e sulle abitudini, esiste il rischio di rebound, ricadute o dipendenza psicologica dall’idea che “solo il farmaco può salvarmi”.
Conclusione
L’avvento dei GLP-1 RAs ha trasformato il panorama della gestione di obesità e diabete, aprendo nuove possibilità e nuove sfide. Il supporto di uno psicoterapeuta diventa un elemento essenziale per integrare mente, corpo e comportamento, accompagnando la persona nel cambiamento corporeo ed emotivo e sostenendo un equilibrio duraturo.
Infine è importante sottolineare che ogni paziente è unico: personalizzazione e collaborazione interdisciplinare sono fondamentali.


